3.2.14

La Sostenibilità come chiave del recupero urbano, Antonio Jimenez Torrecillas

In una città come Roma, dove il progetto del nuovo deve scontrarsi con un patrimonio storico, culturale e archeologico rimasto come un elemento apparentemente intoccabile e fermo nel tempo, è interessante fare un confronto con altri tipi d’interventi che permettono di vedere la citta storica come una macchina viva e in grado di cambiare costantemente. Quest’operazione, anche potenzialmente polemica, è comunque un interessante punto d’inizio per la generazione di un dialogo tra il nuovo e la città storica o antica.

Antonio Jimenez Torrecillas, architetto di Granada, si muove tra l’architettura concettuale e quella minimalista cercando di reinterpretare le radici dei luoghi dove opera. Questa sensibilità contestuale si percepisce quando si percorre ciascuna delle sue architetture. Egli si pone in contrasto con molti altri architetti contemporanei preoccupati più di curare la forma e l’estetica dell‘opera d’arte e di architettura che non l’ambientazione che le circonda dimenticandosi cosi del “Genius loci”.
Lavora come professore di progettazione nella Facoltà di Architettura di Granada e parallelamente sviluppa il percorso professionale con il suo studio di progettazione.



Esempi chiari di questa dinamica di attuazione sono la sua prima opera costruita, il Centro Jose Guerrero (Granada, 1991-2000), la Torre del Homenaje (Huescar, Granada, 2000-2008) e l’intervento nelle mura Nazari del Alto Albaycin (Granada, 2002-2008).

Il primo caso tratta di un museo dedicato al pittore Jose Guerrero ed allo stesso tempo è il restauro di un palazzo in centro storico a Granada mediante una reinterpretazione del valore storico dell’edificio in maniera rispettosa pur se rigorosamente contemporanea.


Centro Jose Guerrero, Granada, Spain, 1991-2000

Centro Jose Guerrero, Granada, Spain, 1991-2000

Nel secondo caso, la torre del Homenaje, restaurare significa poter guardare di nuovo. La torre è stata una fortificazione per l'osservazione pienamente inserita nel contesto urbano ed ha perduta la parte superiore durante la battaglia per la conquista della città nel 1434. L'obiettivo è stato di recuperare nuovamente la visione del suo orizzonte e raggiungere quindi il paesaggio. Si tratta di un intervento in chiave contemporanea che parte più dall'evocazione più che dalla restituzione.


Torre del Homenaje, Huescar, Granada, Spain 2000-2008

Torre del Homenaje, Huescar, Granada, Spain 2000-2008

Nell’intervento delle mura Nazari, l’architetto realizza un recupero della memoria come elemento metaforico, allontanandosi del mimetismo storico, usando la pietra perforata per la luce come ricostruzione di un pezzo di mura. Quest’opera ha ottenuto numerosi premi internazionali come il X Premio Internazionale Architettura in Pietra Verona 2007, il Premio Internazionale Cappochin alla Biennale di Architettura di Padova 2007, il Premio FAD Socis Arquinfad 2006, è stata selezionata nel Premio Mies Van der Rohe 2008 e finalista del IV European Prize for Public Space 2006 tra tanti altri.

Mura Nazari del Alto Albaycin, Granada, Spain, 2002-2008

Jimenez Torrecillas continua a lavorare con il recupero della rovina attraverso un linguaggio contemporaneo e si è specializzato nella sfida con contesti storici sempre più complessi come negli esempi dei palazzi Nazarie della Alhambra. Sarebbe di estremo interesse veder la sua esperienza filtrata in un contesto simile ma diverso come quello romano.

Tradizione e Reciclo, Kengo Kuma





Kuma è nato a Yokohama, in Giappone, dove ha frequentato le Eiko Gakuen, scuole medie inferiori e superiori. Dopo la laurea in Architettura conseguita presso l'Università di Tokyo nel 1979, ha lavorato per un periodo allo studio Nihon Sekkei e alla TODA Corporation. Si trasferisce poi a New York per ulteriori studi presso la Columbia University come visiting researcher tra il 1985-1986. Nel 1987 ha fondato la "Spatial Design Studio" e, nel 1990, ha fondato il suo studio "Kengo Kuma & Associates". Ha insegnato alle Columbia University, University of Illinois e presso la Keio University dove, nel 2008, ha ricevuto il Ph.D. in Architettura. Kuma è attualmente professore presso la Graduate School of Architecture dell'Università di Tokyo dove lavora sull'esecuzione di diversi progetti di ricerca riguardanti l'architettura, urban e interior design all'interno del suo laboratorio, il Kuma Lab. Il suo studio Kengo Kuma & Associates impiega più di 150 architetti tra Tokyo e Parigi con la progettazione di lavori di diverso tipo e dimensioni in tutto il mondo.
Obiettivo dichiarato di Kuma è di recuperare la tradizione degli edifici giapponesi e di reinterpretare queste tradizioni per il 21° secolo. Nel 1997, ha vinto il Japan Award dell’Architectural Institute of Japan e nel 2009 è stato fatto un ufficiale presso l'ordre des Arts et des Lettres in Francia. Persegue un’ampia attività di conferenziere ed è autore di numerosi libri e articoli che vertono sull’approccio critico all'architettura contemporanea. Nel suo testo Anti-Object del 2008 prevede lo scioglimento e la disintegrazione dell’Architettura in un insieme di relazioni che rispettino l'ambiente circostante invece di dominarlo. I progetti di Kuma mantengono un vivo interesse per la manipolazione della luce con la natura attraverso la materialità della stessa.

E’ uno degli che meglio ha saputo combinare il rapporto tra il minimalismo contemporaneo e l’architettura tradizionale.
L’uso di materiale come il legno o la pietra insieme alla ricerca di purezza nelle forme crea un’immaterialità spaziale in piena coesione con la natura.

"Voglio ricordare ancora il periodo in cui i giapponesi non usavano strutture in cemento. L’introduzione del cemento armato ha distrutto di fatto il sistema di controllo sulla scala degli edifici. Di fatto, ogni scala divenne, da allora in poi, possibile. E questo fu la realizzazione della filosofia opposta a quella della scala naturale degli elementi. Sinceramente vorrei tornare indietro a quel tipo di sistema di scala così naturale. Ovviamente purtroppo la grande scala e le megastrutture sono ormai normali richieste delle comuni attività umane dell’epoca moderna." ( Intervista a kengo kuma, Federico Scaroni, Agosto 2009).

Kuma non lavora con la pelle usandola come strumento di mimesi dell’opera, cioè coprendo il volume in maniera additiva, ma agisce al contrario: è questa pelle “il progetto”; essa diventa un "volume permeabile" che agisce da filtro tra l’esterno e l’interno.

Une delle prime opere più celebri ma non per questo fra le meno interessanti è The Great (Bamboo) Wall in Beijing, China 2002. Qui Kuma usa il bamboo per creare un’atmosfera meditativa che compenetra il proprio spazio con quello naturale; in funzione della densità dei bamboo e del diametro delle aste, crea una varietà nella partizione dello spazio tale per cui ha preferito usare il termine WALL invece di HOUSE.


The Great (Bamboo) Wall, Beijing, China 2002
The Great (Bamboo) Wall, Beijing, China 2002
The Great (Bamboo) Wall, Beijing, China 2002

Analizzandone la trasparenza come “volume” viene in mente accostarla ad architetture dove lo spazio è definito attraverso il vetro. Nella Glass/Wood House in Connecticut, USA 2010, il tema è l’addizione con accostamento di una nuova casa a una già esistente disegnata per Joe Black Leigh e costruita nel 1956; una simmetrica scatola di vetro dal sapore modernista posta nel mezzo del bosco.
Lo scopo di questo progetto era ritrovare la “privacy” perduta e la soluzione, paradossalmente, trova ispirazione proprio nel vetro, recuperandone la trasparenza degli anni ‘50.


Glass/Wood House, Connecticut, USA 2010
Glass/Wood House, Connecticut, USA 2010
Glass/Wood House, Connecticut, USA 2010
Lavori più recenti ci fanno capire come Kuma veda il mestiere dell’architetto come una sfida costante e senza fine nello studio dei materiali. E’ il caso di Jeju Ball in Jeju, Korea 2012, dove vuole trasmettere l’oscurità della porosa roccia vulcanica nella morbidezza dell’architettura. La luce passa attraverso i neri ciottoli e collega il tetto con la terra permettendo al landscape di Jeju di contaminare e rimanere impresso anche nello spazio domestico.

Jeju Ball, Jeju, korea 2012
Jeju Ball, Jeju, korea 2012

Lavorare con i materiali non è ovviamente solo una questione estetica, ma serve primariamente ad effettuare la lettura del luogo e dialogare con esso. Questa premessa, pur sembrando banale, è la chiave della architettura di Kengo Kuma.

PAVILION

L'architettura di Kuma si basa sulla sperimentazione della pelle presa dai numerosi lavori empirici nei quali l'architetto lavora con i materiali e con la luce, realizzati in collaborazione con i suoi studenti. Padiglioni, installazioni e una serie di case per il tè sono i semi del risultato dell’architettura di Kuma in materia di sostenibilità. Il filo conduttore di tali sperimentazioni si basa sulla ripetitività di uso di elementi di costruzione ed elementi di scarto provenienti dal riciclaggio che, montati in maniera tale da costruire possibili macrostrutture, dimostrano le potenzialità di questo peculiare approccio alla sostenibilità, oltre ad essere una rilettura moderna delle teorie metaboliste dei maestri giapponesi degli anni ’60 e ’70 del ventesimo secolo.




Oribe Tea House, Japan 2005
Oribe Tea House, Japan 2005
KXK, Japan 2005
KXK, Japan 2005
Cidori, Milano, Italia 2007
Water Branch House, New York, USA 2008
Water Branch House, New York, USA 2008
Air Brick, Shanghai, China 2010