3.2.14

Tradizione e Reciclo, Kengo Kuma





Kuma è nato a Yokohama, in Giappone, dove ha frequentato le Eiko Gakuen, scuole medie inferiori e superiori. Dopo la laurea in Architettura conseguita presso l'Università di Tokyo nel 1979, ha lavorato per un periodo allo studio Nihon Sekkei e alla TODA Corporation. Si trasferisce poi a New York per ulteriori studi presso la Columbia University come visiting researcher tra il 1985-1986. Nel 1987 ha fondato la "Spatial Design Studio" e, nel 1990, ha fondato il suo studio "Kengo Kuma & Associates". Ha insegnato alle Columbia University, University of Illinois e presso la Keio University dove, nel 2008, ha ricevuto il Ph.D. in Architettura. Kuma è attualmente professore presso la Graduate School of Architecture dell'Università di Tokyo dove lavora sull'esecuzione di diversi progetti di ricerca riguardanti l'architettura, urban e interior design all'interno del suo laboratorio, il Kuma Lab. Il suo studio Kengo Kuma & Associates impiega più di 150 architetti tra Tokyo e Parigi con la progettazione di lavori di diverso tipo e dimensioni in tutto il mondo.
Obiettivo dichiarato di Kuma è di recuperare la tradizione degli edifici giapponesi e di reinterpretare queste tradizioni per il 21° secolo. Nel 1997, ha vinto il Japan Award dell’Architectural Institute of Japan e nel 2009 è stato fatto un ufficiale presso l'ordre des Arts et des Lettres in Francia. Persegue un’ampia attività di conferenziere ed è autore di numerosi libri e articoli che vertono sull’approccio critico all'architettura contemporanea. Nel suo testo Anti-Object del 2008 prevede lo scioglimento e la disintegrazione dell’Architettura in un insieme di relazioni che rispettino l'ambiente circostante invece di dominarlo. I progetti di Kuma mantengono un vivo interesse per la manipolazione della luce con la natura attraverso la materialità della stessa.

E’ uno degli che meglio ha saputo combinare il rapporto tra il minimalismo contemporaneo e l’architettura tradizionale.
L’uso di materiale come il legno o la pietra insieme alla ricerca di purezza nelle forme crea un’immaterialità spaziale in piena coesione con la natura.

"Voglio ricordare ancora il periodo in cui i giapponesi non usavano strutture in cemento. L’introduzione del cemento armato ha distrutto di fatto il sistema di controllo sulla scala degli edifici. Di fatto, ogni scala divenne, da allora in poi, possibile. E questo fu la realizzazione della filosofia opposta a quella della scala naturale degli elementi. Sinceramente vorrei tornare indietro a quel tipo di sistema di scala così naturale. Ovviamente purtroppo la grande scala e le megastrutture sono ormai normali richieste delle comuni attività umane dell’epoca moderna." ( Intervista a kengo kuma, Federico Scaroni, Agosto 2009).

Kuma non lavora con la pelle usandola come strumento di mimesi dell’opera, cioè coprendo il volume in maniera additiva, ma agisce al contrario: è questa pelle “il progetto”; essa diventa un "volume permeabile" che agisce da filtro tra l’esterno e l’interno.

Une delle prime opere più celebri ma non per questo fra le meno interessanti è The Great (Bamboo) Wall in Beijing, China 2002. Qui Kuma usa il bamboo per creare un’atmosfera meditativa che compenetra il proprio spazio con quello naturale; in funzione della densità dei bamboo e del diametro delle aste, crea una varietà nella partizione dello spazio tale per cui ha preferito usare il termine WALL invece di HOUSE.


The Great (Bamboo) Wall, Beijing, China 2002
The Great (Bamboo) Wall, Beijing, China 2002
The Great (Bamboo) Wall, Beijing, China 2002

Analizzandone la trasparenza come “volume” viene in mente accostarla ad architetture dove lo spazio è definito attraverso il vetro. Nella Glass/Wood House in Connecticut, USA 2010, il tema è l’addizione con accostamento di una nuova casa a una già esistente disegnata per Joe Black Leigh e costruita nel 1956; una simmetrica scatola di vetro dal sapore modernista posta nel mezzo del bosco.
Lo scopo di questo progetto era ritrovare la “privacy” perduta e la soluzione, paradossalmente, trova ispirazione proprio nel vetro, recuperandone la trasparenza degli anni ‘50.


Glass/Wood House, Connecticut, USA 2010
Glass/Wood House, Connecticut, USA 2010
Glass/Wood House, Connecticut, USA 2010
Lavori più recenti ci fanno capire come Kuma veda il mestiere dell’architetto come una sfida costante e senza fine nello studio dei materiali. E’ il caso di Jeju Ball in Jeju, Korea 2012, dove vuole trasmettere l’oscurità della porosa roccia vulcanica nella morbidezza dell’architettura. La luce passa attraverso i neri ciottoli e collega il tetto con la terra permettendo al landscape di Jeju di contaminare e rimanere impresso anche nello spazio domestico.

Jeju Ball, Jeju, korea 2012
Jeju Ball, Jeju, korea 2012

Lavorare con i materiali non è ovviamente solo una questione estetica, ma serve primariamente ad effettuare la lettura del luogo e dialogare con esso. Questa premessa, pur sembrando banale, è la chiave della architettura di Kengo Kuma.

PAVILION

L'architettura di Kuma si basa sulla sperimentazione della pelle presa dai numerosi lavori empirici nei quali l'architetto lavora con i materiali e con la luce, realizzati in collaborazione con i suoi studenti. Padiglioni, installazioni e una serie di case per il tè sono i semi del risultato dell’architettura di Kuma in materia di sostenibilità. Il filo conduttore di tali sperimentazioni si basa sulla ripetitività di uso di elementi di costruzione ed elementi di scarto provenienti dal riciclaggio che, montati in maniera tale da costruire possibili macrostrutture, dimostrano le potenzialità di questo peculiare approccio alla sostenibilità, oltre ad essere una rilettura moderna delle teorie metaboliste dei maestri giapponesi degli anni ’60 e ’70 del ventesimo secolo.




Oribe Tea House, Japan 2005
Oribe Tea House, Japan 2005
KXK, Japan 2005
KXK, Japan 2005
Cidori, Milano, Italia 2007
Water Branch House, New York, USA 2008
Water Branch House, New York, USA 2008
Air Brick, Shanghai, China 2010







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